PROCESSO A GALILEO GALILEI

Un'indagine definitiva sulla prova regina dell'accusa


 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 


PREFAZIONE

Il ‘seicento è il secolo di Galileo e il suo processo ha rappresentato il definitivo declino del primato della Chiesa sulle questioni di filosofia naturale. Sul processo allo scienziato pisano e sulla posizione, all’epoca, del Santo Uffizio (solo recentemente rivista dalle gerarchie ecclesiastiche) sono stati spesi fiumi di inchiostro e di parole, confrontando diverse ed opposte posizioni filosofiche ed ideologiche. Un processo, quello dei primi decenni del ‘600, caratterizzato anche da una sottile, intricata trama di interessi personali ed imprescindibili esigenze politiche, per molti versi, all’epoca, ineluttabili. Fra le tante opere scritte intorno al processo a Galileo, il libro di Riccardo Recchioni si distingue per la tesi proposta e per l’approccio metodologico seguito per sostenerla. L’autore suggerisce che alla base della condanna dello scienziato pisano sia stato perpetrato un falso ideologico, ordito dal Commissario del Santo Uffizio Seghizzi per la sua “smania persecutoria” verso Galileo Galilei; falso ideologico avvalorato dal pavido notaio De Pettinis e le cui inevitabili conseguenze furono messe in atto da un altro Commissario del Santo Uffizio, il cardinale Maculano, miope esecutore dei voleri papali.

L’originalità del testo di Recchioni risiede nell’approccio scientifico seguito per sostanziare la sua tesi. L’autore, esperto grafologo forense, applica le tecniche della sua disciplina per un’analisi grafologica dei verbali manoscritti del processo allo scienziato. Con logica Bayesiana, poi, giunge alla estremamente probabile conclusione di un fondamentale falso ideologico ideato per incastrare l’ormai anziano e spossato Galileo Galilei.

Al di là della piacevolezza del testo, che avvince come uno dei migliori gialli processuali, anche per il ritmo narrativo e la successione degli argomenti trattati, quello che trovo particolarmente interessante ed originale nel lavoro di Recchioni è proprio l’approccio innovativo e scientifico allo studio di questo famossimo processo che sancisce, per certi versi, la nascita del così detto metodo scientifico e la sua indipendenza della dottrina filosofica della Chiesa.

Un processo alle idee, quello di Galileo, che, come tanti altri della storia, ha visto la verità fattuale piegata, con falsi giuridici, alle ragioni considerate prioritarie del potere dominante in certo periodo storico. Un processo dell’Inquisizione durato diversi anni che, in questo libro, viene rivisitato ed analizzato, quasi come in un’inchiesta giornalistica, con spirito critico, razionale e scientifico.

Un testo nel quale, oltre alle prove documentali analizzate sotto la luce dell’indagine grafologica forense, risaltano anche le figure di tutti i protagonisti, da Galileo Galilei, al Papa Urbano VIII ai vari membri del collegio accusatorio, tutti con le proprie luci ed ombre, con le proprie caratteristiche umane e caratteriali. Un testo storico, rigoroso negli aspetti scientifici e nella logica delle tesi esposte, avvincente come un libro giallo ambientato ai nostri giorni.

Prof. Massimo Andretta
Fisico


OSSERVAZIONI STORICHE

Sulla vita e l’opera di Galilei, sulla natura e l’importanza dei suoi scritti, sulla valutazione del suo ruolo nella storia del pensiero, sono state svolte considerazioni innumerevoli e variamente articolate.
Le stesse traversie giudiziarie, che si conclusero con l’abiura del 1633, sono state studiate assai minutamente, anche se le vicissitudini storiche delle carte processuali, trafugate da Napoleone e danneggiate dall’incuria e dal tempo, non hanno reso facile la possibilità di mettere bene a fuoco ogni loro dettaglio.
Eppure, nonostante tanta ricchezza di studi o forse proprio a causa di essa, si sono formate e diffuse molteplici rappresentazioni del celebre personaggio che differiscono non poco tra di loro.
Quella che ha dominato nel mondo degli scienziati e dei tecnici è l'immagine di Galilei positivista. Empirista come un ricercatore inglese, concreto come un ingegnere olandese, ideatore e costruttore di cannocchiali e studioso di traiettorie per armi da fuoco come un generale. E immagini simili.
Ma le letture da parte dei filosofi della scienza hanno ribaltato la priorità assegnata a questi aspetti tecnici. Non è senza importanza il fatto che, dopo aver insegnato matematica a Padova, Galilei sia stato chiamato dai Medici a Firenze per insegnare filosofia.
E dunque egli sarebbe un neoplatonico, convinto non solo della indispensabilità della matematica per la costruzione di solidi modelli scientifici ma del fatto che addirittura il grande libro della natura sia stato scritto da Dio con un alfabeto costituito di numeri, grandezze, forme geometriche e spaziali.

Insomma, egli andrebbe collocato al centro di quella linea di pensiero che da Pitagora e Platone va fino all'attuale platonismo di Cambridge fissato nei Principia Mathematica di Whithehead e Russell.
Trovo particolarmente affascinante in questa prospettiva la sottolineatura del fatto che proprio a lui si deve la fondazione del metodo scientifico sperimentale che lega indissolubilmente tra di loro la ricerca matematica con l’astronomia e con la fisica, creando così le premesse indispensabili di quella visione meccanicistica del mondo che costituisce il vero paradigma culturale del mondo moderno.
Si è anche discusso molto del rapporto di Galilei con il cattolicesimo e con la Chiesa.
Qui si oscilla tra due poli: da un lato i sostenitori di una sostanziale laicità incentrata sulla autonomia della ricerca scientifica che deve fare i conti con la religione più come humus sociale e culturale con cui convivere, le logiche della Controriforma, che non con i temi della religiosità umana in quanto tale. Dall’altro lato non manca chi, ad esempio, Liliana Cavani nel film a lui dedicato, si spinge fino a rappresentarlo nell'improbabile ruolo di vero riformatore religioso, spinto da un’ansia quasi luterana per restituire alla Chiesa la forza del suo messaggio autentico e originario.

Si arriva, nella rappresentazione del drammaturgo Brecht, fino a fare di Galilei una sorta di profeta di un socialismo umanitario che tenda a liberarsi dal suo utopismo arcaico ed eroico, per avvicinarsi a un modello scientifico (" Beata la terra che non ha bisogno di eroi!").
Oppure, rimanendo nell’ambito del pensiero italiano, si giunge, nell’opera di un come marxista Galvano della Volpe, a usare lo spirito galileiano per cercare di raddrizzare la discutibile scientificità dell'analisi marxista.
Fatta questa sinteticissima premessa devo dire che mi sono subito chiesto cosa gli fosse saltato in testa al mio amico Recchioni, autore di questo saggio, quando ha pensato di applicarsi con grande determinazione a un lavoro su Galilei.
Recchioni non è uno storico né un filosofo, né un riformatore religioso (almeno per quanto a me risulta! ) e neppure un utopista sociale. E’ invece un avvocato di lunga esperienza che negli ultimi anni si è dedicato a una mole enorme di studi sulla grafologia, una scienza o una tecnica la cui utilità pare sia notevole nel complesso lavoro dell' ermeneutica giuridica.
Dopo aver raggiunto il livello massimo di qualificazione in questo campo ha deciso di applicarsi a leggere la grafia di Galilei e quella degli atti relativi alla sua vicenda processuale dal 1616 al 1633. Ed è riuscito ad ottenere l’accesso personale e diretto agli atti processuali oggi ben conservati, dopo faticose vicissitudini, negli archivi vaticani.
Su questo aspetto non vi sto a raccontare molti altri dettagli perché li troverete leggendo questo originale lavoro. Ma posso dirvi subito che alcuni risultati ai quali Recchioni giunge sono piuttosto sorprendenti.
Sul piano giudiziario è chiaro che il grande accusato o i suoi avvocati hanno gestito la causa in modo poco accorto. In particolare il testo scritto a conclusione del primo processo davanti ai giudici dell’Index librorum prohibitorum non è un falso come molti hanno sospettato. Il testo c’è, è stato scritto da un notaio e contiene la diffida rivolta a Galilei dal Cardinal Bellarmino a non persistere nella difesa delle tesi copernicane.
Galilei non doveva agire come se quel provvedimento di richiamo, sia pure di carattere extragiudiziario, fosse inesistente o irrilevante.
Ma ciò che colpisce di più il lettore è il ritratto fatto da Recchioni, del carattere e della personalità di Galilei quale risulta soprattutto dalla analisi grafologica.
Galilei era un arrogante e un attaccabrighe. Portato naturalmente alla polemica, assumeva spesso atteggiamenti di scherno e di derisione nei confronti degli altri, anche quando aveva a che fare con personaggi importanti come il papa o i cardinali.
Veramente egocentrico del resto egli era in tutti i rapporti personali con gli altri. A partire da quello con le donne, da sua madre alla donna da cui ebbe tre figli e che non volle mai sposare.
Attaccato ai soldi in modo eccessivo dissipava le proprie risorse e visse in uno stato quasi permanente di bisogno se non di vera indigenza.

E' davvero sorprendente che uno dei più grandi geni della storia universale del pensiero filosofico e scientifico fosse un uomo tanto meschino! Come dire, genio e sregolatezza.
E ciò nulla toglie al fatto che i tempi in cui visse non erano certo favorevoli, almeno nell'Italia della controriforma tridentina, alla libertà di pensiero e di ricerca.
Infine resterà sempre aperta la discussione se sia più apprezzabile lo spirito eroico che portò Giordano Bruno al rogo di Campo dei Fiori o quello più opportunistico di Galilei che accettando l'umiliazione della abiura riuscì a garantirsi una stentata sopravvivenza sia pure da vecchio triste e isolato.

Prof. Carlo Monaco


OSSERVAZIONI GRAFOLOGICO FORENSI

Il lavoro del collega e amico Riccardo Recchioni propone al suo interno una parte prettamente grafologica, in cui lo studio e la comparazione delle scritture, vengono svolti con la meticolosità e l’umiltà caratteristici del ricercatore.

Non vi sono preconcetti ed il risultato, pur espresso nella dovuta percentuale di probabilità, si ottiene, passo passo, attraverso l’esame degli aspetti caratterizzanti tipici di ogni manoscrittura.

I metodi di confronto tra scritture si sono evoluti nei secoli, passando da un approccio prettamente “calligrafico”, in cui venivano, sostanzialmente messe a confronto le forme, ad un metodo più scientifico, in cui si assume una visione dinamica del gesto grafico ed è il movimento e la correlazione fra i gesti, la chiave per individuare l’identità di mano tra due scritti.

L’autore, usando questo metodo scrupolosamente, ha potuto fornire gli elementi per una facile comprensione della sua opera di comparazione anche per i non addetti ai lavori.

Perito grafologo forense Nicole Ciccolo


RINGRAZIAMENTI

L’idea di scrivere questo libricino non mi sarebbe forse venuta se, svariati anni fa per un insieme di circostanze, tra le quali la curiosità innata che mi contraddistingue, non mi fossi iscritto ad una scuola di grafologia di Bologna.
Mi sono appassionato a tale punto alla materia che dopo tre anni di scuola, ho frequentato un altro corso di un anno per specializzazione nell’analisi di firme grafometriche e continuo in quella che ormai è diventata la mia attività principale.

Ringrazio sempre il Prof. Roberto Travaglini e tutti gli insegnanti della scuola che mi hanno formato e che ricordo sempre, oltre che con stima e simpatia, con riconoscenza per quello che mi hanno insegnato della grafologia morettiana con la grande competenza, pazienza, e capacità di insegnare, sono riusciti a farmi comprendere il valore e il significato dei segni grafici per l’analisi della personalità e della grafologia forense.

Ringrazio la mia compagna di banco e di studi, con la quale abbiamo anche redatto la tesi finale (al termine dei tre anni di scuola grafologica con specializzazione in analisi forense dei tracciati grafici) con cui ho poi frequentato e concluso anche il corso di un anno per ottenere il diploma di esperto in analisi e comparazione di firme grafometriche.

Un altro ringraziamento va a Carla Saulini, mia docente di analisi e comparazione forense dei tracciati grafici e redazione di perizie forensi ed oggi amica cara, che mi ha dato disponibilità e sostegno fattivo durante l’analisi forense dei documenti acquisiti dall’Archivio Segreto Vaticano e dall’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, relativi ai processi contro Galileo e Patrizia Pavan che mi ha dato alcuni suggerimenti relativi all’impostazione descrittiva dell’analisi, che ho accolto confidando nella sua annosa competenza di grafologa forense.

Ringrazio Giovanni Greco, Professore di storia contemporanea dell’Alma Mater Studiorum, che avendo fiducia nella mia persona, ha scritto la lettera di presentazione assicurando la qualità della mia ricerca agli Archivi vaticani, così che, unitamente ai miei titoli personali, potessi ottenere l’autorizzazione all’accesso agli stessi e mi ha dato in seguito il conforto della sua esperienza di docente dopo avere letto la bozza.

Ringrazio mia figlia Elisa-Livia e gli amici Lorenzo Bianchi e Giancarlo Pizza che si sono prestati, rubando tempo al loro riposo e lavoro, a correggere la bozza e che mi hanno dato anche consigli per rendere alcuni passaggi del testo più snelli.

La guerra delle virgole continua e si sa che è una guerra che non ha mai fine.

Ringrazio Il Prof. Massimo Andretta, il Prof. Carlo Monaco, la collega Nicole Ciccolo, il Dr. Lorenzo Bianchi per il contributo dato da ciascuno di loro facendo, ciascuno nel proprio ambito, la recensione al libro.


POSTFAZIONE

Perché una vicenda di quasi sei secoli fa può essere rilevante oggi?

Riccardo Recchioni racconta, anche ricorrendo a una rigorosa analisi grafologica su documenti originali, come Galileo Galilei, un uomo di grandi doti intellettuali e un po’ arrogante, fu indotto da un pubblico accusatore colto e determinato a confessare un delitto che non aveva commesso.

L’uomo che lo confonde fino a fargli perdere la bussola è il commissario accusatore che giocandosi con maestria le carte processuali che il caso gli aveva messo nelle mani costrinse lo scienziato a incolparsi di ciò che non aveva fatto e quindi all’abiura.

Sul soglio pontificio sedeva Papa Urbano VIII, al secolo Maffeo Vincenzo Barberini, un Pontefice con il quale Galileo aveva avuto in precedenza diversi contatti diretti e al quale aveva parlato sia del suo processo davanti all’Index sia della teoria eliocentrica.

Il 5 marzo 1616 l’Index librorum prohibitorum, su decisione del papa Paolo V, con un decreto inserì il libro di Copernico contenente la teoria eliocentrica, il “De revolutionibus orbium coelestium”, nei 53 libri proibiti.

Nel 1632, sedici anni dopo il processo dinanzi all’Index, Galileo pubblica il “Dialogo sui massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano”.

Nell’opera affida agli scontati ragionamenti tautologici di Simplicio la difesa della teoria geocentrica aristotelico - tolemaica, quella che Urbano VIII, sul soglio pontificio dal 1623, aveva riproposto nei suoi contatti con scienziato toscano. In Simplicio Urbano VIII intravede in controluce sé stesso e si infuria.

Ne scaturisce un nuovo processo.

Galileo ormai ha 68 anni.

Il primo aprile 1633 si celebra l’udienza di apertura.

Vincenzo Maculano, il commissario accusatore, induce lo scienziato a confessare ciò che non ha fatto e ad abiurare.

La fasi del processo, nel quale Galileo non può avvalersi di un difensore, sono un manuale del perfetto Torquemada.

Maculano chiede a Galileo se sedici anni prima qualcuno avesse emesso un’ingiunzione o un precetto nei suoi confronti. Invece di negare con decisione l’accusato farfuglia: “Non ricordo se mi sia stata fatta un’ingiunzione”.

Galileo ha ragione. In realtà l’ingiunzione non esiste.

Maculano cita il cosiddetto “precetto Seghizzi”, un documento che sarebbe stato scritto da Michelangelo Seghizzi da Lauda, religioso dell’ordine dei predicatori e commissario generale del Sant’Offizio.

In realtà il “precetto” fu solo un’intimazione verbale di abbandonare la teoria eliocentrica.

Lo scienziato all’epoca promise di obbedire, ma non abiurò e non venne condannato per eresia.

La sua dichiarazione fu pubblicata dalla Sacra Congregazione dell’Indice.

Con ogni probabilità, suggerisce Riccardo Recchioni citando solide osservazioni documentali, il notaio De Pettinis potrebbe aver aggiunto il precetto dopo la chiusura del verbale del 25 febbraio 1616. Non contento, l’estensore lo rinforzò con le parole “quovis modo” ossia “in ogni modo”.

Con un interrogatorio arrembante l’accusato fu indotto invece a confessare che l’ingiunzione gli era stata formalmente notificata nell’udienza davanti al cardinale Bellarmino il 26 febbraio 1616.

Nel 1623 Galileo pubblica “Il saggiatore”.

E’ una sorta di fallo di reazione alle teorie geocentriche che il gesuita Orazio Grassi ripropone dopo l’avvistamento di tre comete (mettendo perfino in discussione le reali qualità ottiche del telescopio galileiano).

Lo scienziato rivendica il valore delle osservazioni empiriche, a meno che, scrive, non si dovesse credere “che i Babilonii cocesser l’uova col girarle velocemente nella fionda”.

Nel 1632 a Firenze Galileo pubblica, come recita il frontespizio, il “Dialogo di Galileo Galilei linceo matematico sopraordinario dello studio di Pisa e filosofo e matematico primario del serenissimo Gr. Duca di Toscana Doue ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due Massimi Sistemi del mondo, tolemaico e copernicano”.    

Il verdetto finale del processo a suo carico stigmatizza “un’opinione dichiarata e definita per contraria alla Scrittura divina dopo esserti fatto il precetto come sopra”.

Quale precetto?

Quello costruito a posteriori?

Arriva così la condanna al carcere che poi verrà trasformata in confino a vita nella villa dello scienziato ad Arcetri.

Solo 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992, papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze, ha riconosciuto "gli errori commessi".

Galileo aveva urtato certezze rassicuranti travolgendo i facili ancoraggi alle “sacre scritture”.

Per questa imperdonabile “colpa” è stato sopraffatto da un potere senza contrappesi.

Purtroppo sembra che l’ingiustizia che ha subito non abbia insegnato nulla.

Basta guardarsi attorno per vedere quanti poteri senza contrappesi in Italia e nel mondo tormentano e schiacciano chi ha l’ardire di nuotare controcorrente.

Per questo motivo una storia vecchia quasi quattro secoli è ancora di attualità palpitante.

Giornalista ed inviato di guerra Lorenzo Bianchi

MINICURRICULUM
Lorenzo Bianchi è stato inviato di guerra per il “Quotidiano Nazionale” de “Il Resto del Carlino”, “La Nazione” e “Il Giorno”. Si è occupato di Medio Oriente e ha seguito nove conflitti in quell’area, in Africa e nei Balcani occidentali. E’ stato catturato dagli iracheni nella prima e nella seconda guerra del Golfo. Ora è autore del blog “Oriente Vicino” nell’ambito del “Quotidiano Nazionale”.

Premessa

Prima parte: L’UOMO E LA SUA VITA

Seconda parte: I PROCESSI

Terza parte: GLI ATTORI DEL GIUDIZIO INNANZI ALL’INDEX NEL 1616

Quarta parte: IL GIUDIZIO DEL 1616 INNANZI ALL’INDEX

Quinta parte: COME SI E’ FORMATO IL FASCICOLO DEL PROCESSO A GALILEO INNANZI AL SANT’OFFIZIO

Sesta parte: LE VICENDE DEGLI ARCHIVI VATICANI A CAUSA DEI MOTI DI ROMNA DEL 1559 E DI NAPOLEONE BONNAPARTE NEL 1810

Settima parte: IL DIALOGO SUI MASSIMI SISTEMI

Ottava parte: I PROTAGONISTI DEL PROCESSO DEL 1632-33 INNANZI AL SANT’OFFIZIO

Nona parte: IL PROCESSO DEL 1632-33

Decima parte: LA METODOLOGIA UTILIZZATA PER ESEGUIRE L’ANALISI E LA COMPARAZIONE DEL TRACCIATO GRAFICO

Undecima parte: PREMESSA AL CONFRONTO TRA LA SCRITTURA IN VERIFICA OVVERO IL VERBALE DATATO 25 FEBBRAIO 1616 E LE SCRITTURE COMPARATIVE (DECRETA 1616), POI TRA DETTO VERBALE E IL C.D. “PRECETTO SEGHIZZI” DEL 26 FEBBRAIO 1616

Parte duodecima: ANALISI E COMPARAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DELLE SCRITTURE IN COMPARAZIONE

Parte terdecima: DEL MISTERO DEL VERBALE 26 FEBBRAIO 1616 C.D. “PRECETTO SEGHIZZI

Parte quaterdecima: CONCLUSIONI

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“Il tuo libro l'ho portato venerdì a padre Raffaele Di Muro ed è stato gradito. Sarà posta nella biblioteca della pontificia facoltà teologica san Bonaventura. Un caro saluto.”

Prof. Vincenzo Tarantino